martedì 3 agosto 2021

Chiamami sottovoce

 di Nicoletta Bortolotti



Un'amicizia da recuperare, un segreto da svelare.
Una storia che mescola presente e passato e che a mano a mano si rivela.
Personaggi principali Nicole e Michele, bambini in Svizzera terra di migranti e adulti oggi, che con fatica cercano equilibrio e pace interna.
La morte della madre di lei ed il riaccendersi violento dei ricordi li portano a ritrovarsi e ad avere finalmente l'occasione per chiarire.
Tra di loro svetta Delia, una donna eccezionale che ha rappresentato e rappresenterà il fil rouge che li unisce per sempre.
Una bella storia, ben scritta e coinvolgente.

 
"Sono feroci i processi senza parole che si svolgono alla cassa dei supermercati nei confronti di madri e padri giudicati troppo severi o troppo arrendevoli, finché i giudici non si trovano a loro volta sul banco degli imputati, magari alle prese con un neonato urlante che non vuole stare nel passeggino o con un bambino che afferra l’intero espositore delle uova Kinder e lo sbatte con violenza inaudita nel carrello. E solo a quel punto il loro rigido codice morale diventa meno rigido. "

'Dov’è la giustizia? In una legge uguale per tutti o in un genitore che la infrange per far sopravvivere il proprio figlio? '



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«L'amicizia tra una bambina di otto anni e un 'clandestino' di nove. Due esistenze che il caso unisce e il destino mette alla prova, in una vicenda forte e insieme commovente» – Robinson - la Repubblica 

 «Il libro si svolge nel 1976. Ieri. Gli immigrati irregolari, allora, non erano africani ma italiani. Anche per questa piccola grande lezione di Storia, questo è un libro da non perdere» – Internazionale 

 «Un romanzo in cui tocca alla fantasiosa voglia di vivere dei piccoli farsi gioco della Legge: al loro sguardo, le celebrazioni dei confini appaiono in tutta la loro assurdità» – Valeria Parrella, Grazia 

 È primavera, eppure la neve ricopre la cima del San Gottardo, monumento di roccia che si staglia sopra il piccolo paese di Airolo. La Maison des roses è ancora lì, circondata da una schiera di abeti secolari: sono passati molti anni, ma a Nicole basta aprire il cancello di ferro battuto della casa d’infanzia per ritrovarsi immersa nel profumo delle primule selvatiche ed essere trasportata nei ricordi di un tempo che credeva sommerso. È il 1976 e Nicole ha otto anni, un’età in bilico tra favole e realtà, in cui gli spiriti della montagna accendono lanterne per fare luce su mondi immaginari. Nicole ha un segreto. Nessuno lo sa tranne lei, ma accanto alla sua casa vive Michele, che di anni ne ha nove e in Svizzera non può stare. È un bambino proibito. Ha superato la frontiera nascosto nel bagagliaio di una Fiat 131, disegnando con la fantasia profili di montagne innevate e laghi ghiacciati. Adesso Michele vive in una soffitta, e come uniche compagne ha le sue paure e qualche matita per disegnare arcobaleni colorati sul muro. Le regole dei suoi genitori sono chiare: “Non ridere, non piangere, non fare rumore”. 

Ma i bambini non temono i divieti degli adulti, e Nicole e Michele stringono un’amicizia fatta di passeggiate furtive nel bosco e crepuscoli passati a cercare le prime stelle. Fino a quando la finestra della soffitta s’illumina per sbaglio, i contorni del disegno di due bambini stilizzati si sciolgono nella neve e le tracce di Michele si perdono nel tempo. Da quel giorno, Nicole porta dentro di sé una colpa inconfessabile. Una colpa che l’ha rinchiusa in un presente sospeso, ma che adesso è arrivato il momento di liberare per trovare la verità. 

Questa è la storia di un’amicizia interrotta e di un segreto mai svelato. Ma è anche la storia di come la vita, a volte, ci conceda una seconda occasione. 
“Chiamami sottovoce” è un romanzo potente su un episodio dimenticato del nostro passato recente. Perché c’è chi semina odio, ma anche chi rischia la propria libertà per aiutare gli indifesi.

 La mamma mi si è avvicinata sfiorandomi il bordo di un orecchio con il fiato. 
“Mi raccomando, Michele, ricordati le regole. Nessuno deve sapere che sei qui. 
Se non fai il bravo viene a prenderti il poliziotto.
” Ho fatto segno di sì perché volevo che lei fosse contenta di me, che pensasse di avere un bambino ubbidiente, che rispettava le regole. Le ho ripetute una per una, numerandole con le dita appoggiate sulla spalla di papà. Non era da tantissimi anni che avevo imparato a contare. 
“Non devo fare rumore.” Ho sollevato il pollice. 
“Non devo piangere.” Ho sollevato l’indice. 
“Non… devo… ridere forte.” Ho sollevato il medio, ma mi si è alzato anche l’anulare. 
“Non devo fare chiasso quando gioco.” 
“Bravo, così.”